Ristorazione e Covid 19, Fipe lancia "Ristoacasa.net"

06/04/2020

Se il mantra di queste settimane per le famiglie italiane è #iorestoacasa, i pubblici esercizi si lanciano nella proposta di #ristoacasa. Questo è il nome della vetrina digitale dei ristoranti che hanno attivato il servizio di food delivery. La Federazione Italiana Pubblici Esercizi di Confcommercio supporta così gli imprenditori che in questo periodo di chiusura forzata dei locali hanno deciso di avviare il servizio di consegna a domicilio dei pasti. “Per molti ristoranti è l’unico modo per tenere in piedi l’attività, dice il presidente di Fipe Confcommercio Toscana Aldo Cursano - ma noi chiediamo che sia permesso di ripristinare anche il take away: prenotazioni on line o telefoniche per pasti che il cliente, su appuntamento, viene a ritirare al ristorante e poi consuma in piena sicurezza a casa sua ”.

Se il mantra di queste settimane per le famiglie italiane è #iorestoacasa, i pubblici esercizi si lanciano nella proposta di #ristoacasa. È questo il nome del nuovissimo sito (www.ristoacasa.net) sviluppato con il supporto della startup pOsti dalla Fipe, la federazione italiana dei pubblici esercizi aderente a Confcommercio, per promuovere i locali che in questo periodo di chiusura al pubblico forzata hanno deciso di avviare il servizio di consegna a domicilio dei pasti.

In pratica, si tratta di una vera e propria vetrina digitale del delivery, già attiva e a disposizione di tutti gli esercizi (ristoranti, bar, gelaterie, pasticcerie) che vorranno usufruirne per fornire agli utenti le informazioni necessarie alla richiesta del servizio di consegna a domicilio: telefono, indirizzo, sito internet, tipologia di cucina e fascia di prezzo.

Questo strumento consente di individuare facilmente tutti i locali che fanno delivery, soprattutto quelli che decidono di gestirlo con i propri mezzi sfruttando le risorse umane aziendali ed evitando, per evidenti ragioni di economicità, di appoggiarsi a fornitori esterni.

Il servizio permette agli utenti di circoscrivere l’area di ricerca dei ristoranti e individuare quelli presenti ad una distanza definita dalla propria abitazione. La prenotazione di un pasto a domicilio, di un gelato o di un prodotto di pasticceria potrà essere effettuata tramite contatto diretto con il locale, senza alcuna intermediazione.

“A causa delle misure restrittive in vigore per contrastare l’epidemia da Covid-19, il food delivery è diventato un servizio particolarmente apprezzato dai consumatori e per molti ristoranti è l’unico modo per tenere in piedi l’attività. Il lancio della piattaforma Ristoacasa va proprio in questa direzione - dichiara il presidente di Fipe Confcommercio Toscana Aldo Cursano - Vogliamo supportare gli imprenditori a sviluppare al meglio il servizio a domicilio, dando visibilità anche a chi per la consegna conta solo sulle proprie forze, magari impiegando in questo servizio il personale attualmente inutilizzato. Per questo invitiamo tutti gli imprenditori che vedono nel delivery un’opportunità per la propria azienda ad utilizzare da subito questo nuovo strumento. Ovviamente è doveroso richiamare l’attenzione delle imprese alle misure di sicurezza raccomandate dalle autorità sanitarie. Sarebbe poi opportuno permettere ai locali di fare anche il take away: prenotazioni on line o telefoniche per pasti che il cliente, su appuntamento, viene a ritirare al ristorante e poi consuma a casa sua ”.

Dall’analisi di Fipe-Confcommercio, tra le imprese della ristorazione tradizionale solo il 5,4% era già in grado, al momento dell’entrata in vigore del blocco delle attività dovuto all’epidemia covid-19, di fornire un servizio di food delivery. Il 10,4% si è subito attivato per svilupparlo.

I NUMERI DEL FOOD DELIVERY:

Dal lato dei ristoratori - Come noto il DPCM dell’11 marzo ha imposto l’obbligo di chiusura delle attività di ristorazione con la sola eccezione della consegna di cibo a domicilio. Da un’indagine del Centro Studi Fipe si rileva che il delivery non è ancora un business per tutti ma che le potenzialità di sviluppo nell’ambito della ristorazione tradizionale non mancano, vediamo perché. Tra gli imprenditori della ristorazione tradizionale, per intenderci quelle con il servizio al tavolo e una vocazione gastronomica focalizzata sulla cucina italiana e/o regionale, solo il 5,4% era già in grado, al momento dell’entrata in vigore del decreto, di fornire un servizio di food delivery. Il 10,4% si è subito attivato per svilupparlo mentre il restante 85% ha affermato di non avere intenzione di muoversi in questa direzione. Nel quadro di una situazione che resta drammatica il 40% dei ristoratori segnala una buona crescita della domanda di cibo a domicilio. Tra coloro che hanno dichiarato di non essere interessati al food delivery, e che pertanto hanno chiuso l’attività, il 35,5% ritiene di non avere i mezzi necessari per farlo mentre il 64,5% pensa che in questa situazione non sia economicamente sostenibile.

Dal lato dei consumatori - La nuova situazione generata dalle limitazioni agli spostamenti cambia in maniera sostanziale l’approccio con il food delivery sia per i fruitori abituali che per quelli saltuari o addirittura per quelli che mai ne avevano fruito. Secondo il centro Studi Fipe, tra gli utilizzatori saltuari del periodo pre covid-19, il 24% da quando è iniziata la crisi ha fatto ordini almeno 1 o 2 volte, così come il 53% di coloro lo aveva utilizzato solo poche volte. Tra quelli che prima non l’avevano mai utilizzato poco meno del 10% ha iniziato a farlo. Il minor ricorso al food delivery, invece, è essenzialmente dovuto ad un maggiore impegno degli intervistati a cucinare a casa (69%), un consumatore su quattro lo fa per timore del contagio e il 14% per risparmiare. Per quanto riguarda le preferenze sui piatti, tra chi utilizza ancora oggi il food delivery, il 68% ordina soprattutto pizze, il 26% preferisce piatti tipici della cucina italiana e il 22% va sul classico hamburger con patatine. Da questi risultati si evince come il servizio a domicilio sia molto apprezzato dai consumatori e che, data la situazione attuale, il freno principale è il timore per la sicurezza alimentare.

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