"Imprenditori, scudo penale se il dipendente si ammala"
13/05/2020
Il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni contrario all’equiparazione tra infortunio sul lavoro e contagio da Covid-19, decisa con l’articolo 42 del decreto-legge n. 18/2020. “Gli imprenditori non sono untori. No alla responsabilità penale se il lavoratore si ammala. Se un datore di lavoro ha rispettato tutte le regole imposte dai Protocolli di sicurezza, garantendo ai propri dipendenti protezioni individuali, distanziamento e sanificazioni degli ambienti non può rispondere delle loro vicende di salute. Tanto più che siamo di fronte ad una pandemia che le autorità sanitarie non riescono ad arginare neppure nelle strutture ospedaliere”.
Uno scudo che difenda dalle responsabilità penali gli imprenditori che abbiano correttamente posto in essere tutte le misure dettate dai protocolli di sicurezza per contrastare e contenere la diffusione del Covid-19 nei luoghi di lavoro. Lo chiede con forza Confcommercio Toscana attraverso il suo direttore Franco Marinoni, che è lapidario: “i datori di lavoro non possono essere trattati come untori. Se un lavoratore si ammala per il Coronavirus non può essere imputato loro come colpa”.
A far trasalire l’associazione di categoria è l’articolo 42 del decreto-legge 18/2020, che ha introdotto l’equiparazione tra infortunio sul lavoro e contagio da Covid-19, prevedendo anche per questo una copertura assicurativa Inail. Così, se un lavoratore si ammala, per il titolare può scattare il reato di lesioni colpose ai sensi dell’art. 590 del Codice penale o di omicidio colposo ai sensi dell’art. 589 c. p., nel caso di decesso.
“Se un datore di lavoro ha rispettato tutte le regole sulla sicurezza, garantendo ai propri dipendenti protezioni individuali, distanziamento e sanificazioni degli ambienti non può rispondere delle loro vicende di salute”, ribadisce Marinoni, “tanto più che siamo di fronte ad una pandemia che le autorità sanitarie non riescono ad arginare neppure nelle strutture ospedaliere”.
“Da non dimenticare – prosegue – che anche in questo caso i costi e gli oneri della sicurezza ricadono sugli imprenditori e solo parzialmente, e non sempre, gli vengono rimborsati dallo Stato. Ora si pretende da loro perfino quella sicurezza sulla salute che non ci viene neppure dal sistema sanitario nazionale. Di questo passo, perché non nominarli ministri della salute? Siamo di fronte ad una vera assurdità legislativa, che va al più presto corretta”.
“Non bastava averli lasciati praticamente soli ad affrontare le disastrose e ancora indefinibili conseguenze economiche di questa emergenza sanitaria (e penso all’inerzia del Governo, non certo alla buona volontà dimostrata dalle Amministrazioni territoriali). Non solo si è trovato il modo di opprimerli ancora una volta con una serie di adempimenti e procedure burocratiche farraginose (vogliamo parlare dei 25mila euro “rapidi e veloci” che doveva garantire il sistema bancario con la garanzia dello Stato? O parliamo del nuovo Protocollo di Sicurezza? Da inviare con procedura telematica, ah no basta una mail, devono compilarlo solo le imprese, ah no, scusate: anche i professionisti e gli studi privati…). Adesso, addirittura, li si vuole trasformare in untori addossandogli l’eventuale colpa di aver fatto ammalare di Coronavirus un loro collaboratore. Non ci stiamo. Non è tollerabile in un Paese che ha proprio nelle imprese il suo motore di sviluppo e la fonte primaria di ricchezza, benessere e occupazione”, conclude il direttore di Confcommercio Toscana.