Tassa rifiuti troppo cara anche in Toscana

26/09/2019

Lo rivela l'indagine dell’Osservatorio Tasse Locali di Confcommercio. La presidente di Confcommercio Toscana Anna Lapini: “la Tari rappresenta un peso insostenibile e spesso ingiustificato, vista la notevole riduzione nella produzione dei rifiuti. E fa rabbia dover assorbire i costi alti dovuti alle inefficienze di gestione dei Comuni”. Le categorie merceologiche più tassate in Toscana ortofrutta, pescherie, piante e fiori, pizzerie al taglio, che pagano fino ad oltre 35 euro al mq. Seguono ristoranti e pizzerie (fino ad oltre 32 euro al mq). Firenze, Pistoia, Pisa, Carrara e Siena tra le province dove la Tari è più cara; Arezzo la più virtuosa. Il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni: “necessaria una profonda revisione dell’intero sistema che rispetti il principio europeo ‘chi inquina paga’”

La tassa sui rifiuti è sempre più cara anche in Toscana per famiglie e imprese. Lo rivela l’ultima indagine dell’Osservatorio Tasse Locali di Confcommercio, che colloca la regione al quinto posto nella classifica della Tari più salata, con 240,7 euro di media pro capite, dietro a Lazio, Sardegna, Campania e Umbria, dove la media pro capite è compresa fra 261,6 euro e 240,8 (anno 2018).

“La TARI continua a rappresentare per le imprese un peso insostenibile e spesso ingiustificato, vista la notevole riduzione nella produzione dei rifiuti degli ultimi anni”, commenta la presidente di Confcommercio Toscana Anna Lapini, “quello che fa più rabbia è dover assorbire costi alti dovuti alle inefficienze di gestione dei Comuni, per non parlare delle disparità di trattamento di una stessa tipologia di impresa da territorio a territorio”.

Succede infatti, tanto per fare un esempio, che un bar paghi per i rifiuti 23,08 al metro quadro a Pistoia, mentre se si trasferisse ad Arezzo ne pagherebbe solo 9,57. Un divario confermato in molteplici casi dai dati raccolti dal portale Confcommercio www.osservatoriotasselocali.it - strumento permanente dedicato alla raccolta e all’analisi di dati e informazioni sull’intero territorio relative alla tassa rifiuti (TARI) pagata dalle imprese del terziario.

In generale, Firenze, Pistoia, Pisa, Carrara e Siena risultano essere tra le province più care; Arezzo la più virtuosa, visto che riesce più delle altre a contenere la tassa sui rifiuti.

Nell’elenco delle categorie merceologiche più tassate in Toscana svettano ortofrutta, pescherie, piante e fiori e pizzerie al taglio, che pagano fino ad oltre 35 euro al mq, con il solito divario da zona a zona (dalle 35 di Pistoia alle 11 circa di Prato). Seguono ristoranti, pizzerie e simili, alle quali sono applicate tariffe fino ad un massimo di oltre 32 euro al mq, poi bar e pasticcerie (fino a 23 euro al mq), supermercati, alimentari e macellerie (fino a 19,48 euro al mq) e di seguito, a scalare, tutte le altre tipologie di imprese del terziario.

Alle tariffe salate si aggiunge un altro elemento di criticità. La gran parte dei Comuni capoluogo di provincia continua a registrare nel 2018 una spesa superiore rispetto ai propri fabbisogni (Fonte: www.opencivitas.it, sito promosso dal Dipartimento delle Finanze e dalla SOSE per determinare i fabbisogni standard delle varie amministrazioni locali).

Questo nonostante che il 2018 avrebbe dovuto rappresentare una svolta. Dal 1° gennaio, infatti, secondo il comma 653 dell'art. 1 della Legge n. 147 del 2013, i Comuni avrebbero dovuto avvalersi anche delle risultanze dei fabbisogni standard nella determinazione dei costi relativi al servizio di smaltimento dei rifiuti.

"La situazione fotografata richiede risposte urgenti per avviare una profonda revisione dell’intero sistema che rispetti il principio europeo ‘chi inquina paga’ e tenga conto delle specificità di determinate attività economiche delle imprese del terziario al fine di prevedere esenzioni o agevolazioni per le aree che di fatto non producono alcun rifiuto e sulle quali invece continua ad essere calcolata integralmente la tassa”, sottolinea il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni. “Ma soprattutto”, prosegue “servono azioni concrete ed efficaci affinché si limiti la libertà fino ad ora concessa ai Comuni di poter determinare il costo dei piani finanziari includendo voci di costo improprie (come i costi del personale) e soprattutto che vincoli gli enti locali al rispetto di norme di legge come quella che li obbliga a tenere conto dei fabbisogni.