Confcommercio studia il futuro della comunicazione
11/07/2018
Si è svolta il 10 luglio la tappa fiorentina del roadshow "Rievoluzioni. Dalla penna al mouse", ideato da Confcommercio nazionale per analizzare insieme ad esperti del mondo della comunicazione, del giornalismo e del marketing nuove frontiere e nuovi stili del comunicare al tempo dei social media. “Le imprese sono davanti ad una sfida: i social impongono di riorganizzare il modello di business ma non sono la panacea di tutti i mali. E, comunque vada, solo qualità e verità dei contenuti faranno la differenza in una società votata al “content shock””.
Il futuro della comunicazione? Sta nella qualità e nella verità delle notizie. Nel mondo del giornalismo così come in quello della rappresentanza o del marketing. Perché in una realtà a rischio “content shock”, dove presto le informazioni saranno molte di più di quelle che saremo in grado di “processare”, per non affogare nel mare magnum delle notizie non resterà che ancorarsi allo scoglio della credibilità dei contenuti e delle loro fonti.
Ne sono convinti gli esperti chiamati a raccolta dalla Confcommercio per la tappa fiorentina del roadshow “Rievoluzioni. Dalla penna al mouse”, che si è svolto martedì 10 luglio 2018 nell’auditorium della Camera di Commercio di Firenze, con la collaborazione di Confcommercio Toscana.
L’iniziativa ha mobilitato imprenditori, dirigenti e professionisti del sistema Confcommercio di tutta la Toscana, che per una mezza giornata si sono trovati a lezione per scoprire le nuove frontiere della comunicazione, alla luce di fenomeni in rapidissima crescita come l’uso della rete e dei social media.
Ad aprire i lavori è stato il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni. A seguire, Sergio De Luca, direttore della Comunicazione per Confcommercio nazionale, che ha coordinato poi gli interventi degli altri ospiti sul palco: Andrea Minuz, docente dell'Università La Sapienza di Roma, Federico Ferrazza, direttore di Wired Italia, Carlo Fornaro di Brand Reporter Lab, Luigi Contu, direttore dell'agenzia Ansa, e Luca La Mesa di Publisoftweb.
“Zygmunt Bauman diceva che “il fallimento di una relazione è quasi sempre un fallimento di comunicazione”. Gli errori di comunicazione costano cari, nella vita personale come sul lavoro. Un assunto che è vero oggi come lo era in passato. Ma oggi questo meccanismo è diventato molto più evidente, nell’era dei social media, che hanno disintermediato la comunicazione rendendola più diretta e veloce”, ha detto introducendo la giornata il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni, “è in atto una profonda rivoluzione che investe i mass media, il mondo del giornalismo ma anche la politica, le istituzioni, le imprese, le associazioni di categoria come la nostra, che rappresenta e difende i legittimi interessi degli imprenditori e dei professionisti del terziario anche ricorrendo a nuovi canali comunicativi. Ringrazio quindi Confcommercio nazionale per aver promosso questa analisi approfondita su come sta cambiando la comunicazione”.
“Nell’azione di rappresentanza, anche le lobby devono sapere utilizzare i social integrandoli alla comunicazione ufficiale. Con un principio etico di fondo: rispettare la verità, anche a costo di rinunciare nell’immediato ad un poco di visibilità”, ha detto il direttore della comunicazione di Confcommercio nazionale Sergio De Luca, che ha poi sottolineato: “la presenza delle lobby, così come quella dell’informazione libera, è fondamentale in un sistema realmente democratico. Perché le lobby fanno analisi, portano a sintesi e indicano a chi deve prendere le decisioni soluzioni che coniugano l’interesse particolare con quello generale”.
“L’illusione della partecipazione attiva, vedi televoto e simili, le dinamiche del populismo, la democrazia diretta si comprendono meglio se collocati dentro la storia della televisione e dei media che in quella politica”, ha commentato Andrea Minuz (Università La Sapienza) analizzando gli stili comunicativi dei partiti italiani negli ultimi mesi , “la politica ha mutuato tempi e modi di social, tv e reality trasformando ogni dibattito, anche il più serio, in infotainment, con un certo sbilanciamento dell’informazione a favore dell’intrattenimento”.
Secondo il direttore di Wired Federico Ferrazza “è cambiato il modello di business dell’informazione: un tempo era a pagamento, oggi è gratis. In effetti, chi paga per avere informazioni è quota residuale degli italiani. Il quotidiano più diffuso in Italia vende 150mila copie in una popolazione di quasi 60milioni! La diffusione dei social ha avuto grande ruolo in questo, ma ci sono molte false credenze legate ai social. Ad esempio, le fake news non sono davvero frutto della rete ma esistono da sempre nel momento in cui, in qualsiasi dibattito, le opinioni si sovrappongono e si sostituiscono alla verità”.
A proposito di verità, il direttore dell’agenzia Ansa Luigi Contu ha specificato che “la forza del sito di Ansa è che offre un tipo di informazione fatta con criteri tradizionali, il più oggettiva possibile, che trasmette fatti e non opinioni, nel pieno rispetto del lettore. Chi fa agenzia deve seguire un’etica nella selezione e lavorazione di una notizia, deve pensare all’effetto che avrà. Anche la cernita delle fonti è importante e dovrebbe esserlo anche per i lettori. Ci vuole una educazione che parta dalla scuola, per spiegare a tutti che le notizie vanno ricercate da chi le sa fare, esattamente come si va da un medico bravo e accreditato per curarsi bene”
Molto apprezzati anche gli interventi di Carlo Fornaro, presidente di Brand Reporter Lab, e Luca La Mesa di Publisoft Web, che hanno sottolineato come la sfida, per le imprese, sia quello di sviluppare un nuovo modello di business al tempo dei social. Con un assunto di fondo: “i social media non sono la bacchetta magica per risolvere i problemi di tutte le imprese ma possono offrire uno strumento efficace. Ci stiamo avviando verso il “content shock”: i contenuti sono moltissimi e presto supereranno la nostra capacità di elaborarli. Meglio quindi privilegiare la qualità alla quantità: uscire meno ma con contenuti più rilevanti, per diventare credibili e affidabili”. Alla fine, infatti, “l’informazione di qualità continuerà a fare la differenza”.